Flessibilità mentale
”Siamo fortunati ad aver avuto Guruji nella nostra vita; ora dobbiamo essere onesti con quello che abbiamo imparato e l’insegnamento deve andare avanti.
Dobbiamo continuare con consapevolezza e con cuore aperto. Il principiante ha una mente aperta, c’è freschezza nella sua mente. Dobbiamo essere attenti a non diventare rigidi nel tempo, la rigidità nella mente è un grosso problema. Iyengar yoga ha questa caratteristica: nulla è dato per scontato. Per Guruji le regole non erano fisse, era flessibile. Questa è la libertà”. (Abhijata Sridhar Iyengar , 7 Dicembre 2016)
Lo scorso anno ho partecipato ad un Intensive con Abhijata Sridhar Iyengar, la nipote del nostro amato Guruji.
Abhijata è un’insegnante eccezionale, che raccoglie l’eredità dell’insegnamento del nonno, di Geetaji e di Prashantji. E’ una esperienza che ricarica fare lezioni con lei perché ha l’abilità di condensare, ma anche di modernizzare l’insegnamento di questi grandi maestri, con cui molti di noi hanno avuto la fortuna di studiare.
Geetaji ha sempre spiegato che attraverso la pratica dello yoga si deve capire l’intelligenza del corpo e di conseguenza la relazione con il respiro e la mente. Quando lo yoga diventa una semplice sequenza di istruzioni da ricordare ed eseguire si perde questa intelligenza; diventa una pratica meccanica, un ostacolo alla trasformazione.
Come spiego qualche volta nei miei corsi, la pratica dello yoga non è come la lista della spesa:
pane, bietole, zucca, sale, pepe, zucchero….
Se si pratica o si insegna come se fosse solo un elenco: girare il piede destro in dentro, il sinistro in fuori, premere la parte esterna del piede destro, girare la coscia sinistra in fuori etc etc, questa è la lista della spesa.
E se un insegnante ripete questa lista con lo stesso tono della voce dall’inizio alla fine, l’alunno, anche ben disposto, smette di ascoltare.
Un solo modo di praticare un certo āsana, una regola scritta o orale per l’esecuzione dell’āsana è la fine dello yoga. Questo è meccanicità. Quanto la pratica diventa meccanica si perde l’intelligenza.
Non c’è un solo modo di praticare un āsana, non c’è un solo modo di insegnare un āsana. La meccanicità, la regola fissa è l’opposto dello yoga. Lo yoga è ricerca ,è studio, è attenzione, è educazione della mente.
L’insegnamento (così come la pratica) deve essere fresco, innovativo, unico, specifico per la persona, nel momento, luogo e tempo.
A questo si riferiva Guruji quando diceva: sii nel presente, non nel ricordo del passato o nel progetto del futuro. La mente deve essere nel presente, nel momento. Il corpo e la mente sono diversi ogni giorno, ogni momento, ed è questo che dobbiamo osservare. Le reazioni del corpo, le reazioni della mente cambiano ogni volta, e il vero insegnante dovrebbe indirizzare il praticante ad osservare il corpo, il respiro e la mente momento per momento.
La bellezza dell’insegnamento di Guruji era quello di saper guidare ciascuno di noi nel meraviglioso viaggio dell’esplorazione, ma ogni volta il viaggio era diverso: nel linguaggio e nella modalità e nel tragitto.
Persino quando Guruji era già avanti negli anni e la sua mobilità era limitata, il suo grado di introspezione era straordinario, come la sua capacità di essere nuovo e stimolante, di avere sempre nuove sfumature in ogni lezione. Sapeva sorprenderci, sapeva guidarci nell’introspezione, sapeva portare l’attenzione nelle parti più nascoste e recondite di noi stessi.
Non c’erano regole fisse, Guruji aveva una mente flessibile e fresca ogni giorno.
Non si tratta di una modalità semplice da emulare, per noi insegnanti. Alcuni allievi hanno purtroppo compreso solo una parte dei suoi insegnamenti, costruendo delle regole predeterminate per ogni āsana, come praticarli, come insegnarli, come aiutare gli alunni: in questo modo lo yoga diventa rigido, come la lista della spesa.
Non è nostro dovere imparare a memoria le azioni di ogni āsana, lo è capire le reazioni del corpo, del respiro e della mente per ogni diverso movimento e azione. Non si può dire: questo è corretto, questo è sbagliato, ma si deve conoscere il motivo perché si fa una cosa.
Cosa succede se si salta con l’inspirazione o con l’espirazione, cosa succede se si va in Uttānāsana con l’inspirazione o con l’espirazione? Oppure che differenza c’è nella mente se si esegue Vīrabhadrāsana III con la testa alzata e lo sguardo in avanti, in confronto a tenere la testa in linea e lo sguardo in giù. Che cosa si perde e che cosa si guadagna ?
E che differenza c’è quando si esegue Bharadvajāsana o Parivṛtta Trikonāsana alzando prima il braccio oppure allargando il torace senza alzare il braccio? quando è meglio fare in un modo o in un altro?
Che differenza c’è tra un praticante occasionale, e un praticante di lunga esperienza?
Quando un praticante maturo ha acquisito la chiarezza nei vari aspetti, riesce a capire come essere flessibile nella mente, come adattare la pratica giorno per giorno, persona per persona e riesce a vivere nel presente. Questo è lo yoga. La rigidità mentale è vivere sempre nel passato o fare castelli in aria sul futuro. La rigidità mentale distrugge lo yoga.
“Abbiamo bisogno di definire chi è avanzato, ma non è il numero di anni, o il numero di ore di pratica (ovviamente abbiamo bisogno di praticare),o il certificato. E’ avanzato chi è sempre nuovo, ha questa sensibilità ogni giorno, in ogni momento in tutti gli aspetti della vita, nel tappetino e fuori dal tappetino” (Abhijata Sridhar 3 dicembre 2016)
Āsana non è allungare il corpo ma è una espressione dell’intelligenza. Quando la mente è consapevole delle braccia, torace, bacino, senza parti scure o dimenticate, allora a nostra intelligenza si esprime L’āsana deve migliorare a tal punto che la nostra intelligenza raggiunge ogni angolo del corpo. Solo allora ci si può accontentare. La soddisfazione deve venire da sola. Come lo sbocciare del fiore quando il tempo è pronto, così con la pratica reverente per lungo tempo, senza alcuna interruzione, la soddisfazione avverrà da sola.”(Abhijata Sridhar 3 dicembre 2016)