Compleanno di Srimati Gita Iyengar

Gabriella Giubilaro
12/01/2015

Nel mese di dicembre 2004 Gita Iyengar ha celebrato il suo sessantesimo compleanno con un seminario di 5 giorni, intotolato “yog-sadhana”. Ci siamo ritrovati in 550, tutti suoi studenti di 25 nazioni diverse, materassino accanto a materassino, e tutti ansiosi di ricevere istruzioni da Gitaji. La mattina lezioni di asana di tre ore, il pomeriggio pranayama. Prima delle lezioni di Pranayama ci trovavamo nella sala con Gitaji per recitare tutti insieme i 108 nomi di Patanjali e gli Yoga Sutra di Patanjali. Questa pratica ha aggiunto una dimensione devozionale alle nostre lezioni, ed ha contribuito a mantenere tutti in uno stato più sereno e riflessivo.

Gitaji ha una relazione speciale con il padre. Non solo è la primogenita, ma suo padre è anche il suo Guru. Sotto la guida del padre Gitaji è diventata un’insegnante eccezionale, e guida spirituale per tutti noi. Gitaji ha avuto la capacità di integrare l’insegnamento del padre con la sua sensibiltà di donna e con la sua conoscenza della medicina ayurvedica. Ha la bravura di “ tradurre” l’insegnamento del padre in maniera chiara e semplice.. Ha la compassione di ripetere le spiegazioni finché non è sicura che tutti abbiano capito, sa trovare sempre nuove strade e nuovi esempi per arrivare a noi.
Il seminario è stato anche arricchito dalla presenza del padre-Guru, B.K.S. Iyengar. Le parole di Gitaji spesso si intrecciavano con quelle del padre, le spiegazioni si integravano fra di loro e le parole diventavano una tale sinfonia che spesso era difficile sapere chi aveva detto che cosa.

Il primo giorno Gitaji ha spiegato il significato di “yog-sadhana”.. Sadhana significa pratica, ma per uno yogi non è solo la pratica degli asana, ma ha anche un significato più profondo, di ricerca verso la nostra evoluzione interiore, verso il nostro miglioramento. L’espressione “yog-sadhana” va compresa a tre livelli: bahiranga sadhana, antaranga sadhana e antaratma sadhana.
Al primo livello – bahiranga – “ yog-sadhana” è una ricerca esterna, “fisica”. Non solo riguarda il corpo come muscoli, pelle, etc ma anche gli organi e i sensi. Questa parte richiede molto lavoro, ci vuole tanto tempo per coltivare le cellule del corpo.
Al secondo livello – antaranga – “yog- sadhana” è una ricerca più interiore, è la ricerca dove si comincia a coltivare la mente. Infine il terzo livello – antaratma- di “yog-sadhana”, è quello dove la ricerca si fa ancora più interiore, si va allora verso l’anima.
Questi tre stadi vengono praticati insieme, ma anche se all’inizio l’aspetto bahiranga è predominante, gli altri stadi sono sempre presenti. Con la pratica gli altri stadi ben presto emergono e diventano anche loro importanti.
(Negli Yoga Sutra di Patanjali questi tre stadi corrispondono a Yama e Niyama, Asana e Pranayama per bahiranga sadhana, Pratyahara e Dharana per antaranga sadhana e Dhyana e Samadhi per antaratma sadhana ).

Gitaji ha iniziato spiegando posizioni semplici. “Quando fate errori nelle posizioni semplici, anche se siete capaci di praticare posizioni difficili, sicuramente sbagliate anche queste”.
Per esempio la comprensione di Urdhva Hastasana e di Gomukasana ci porta alla comprensione di Virabhadrasana III e poi anche di Urdhva Dhanuranasa,. Le azioni imparate in una posizione vanno ricordate nella posizione dopo, ci deve essere un collegamento fra un asana e l’altro, l’intelligenza di una posizione semplice ci porta all’intelligenza di una posizione più complessa.

Uno dei temi ricorrenti in tutte le classi di questo “yog-sadhana” è stato quello di imparare a praticare gli asana, anche quelli più impegnativi, con mente quieta.
(Questo tema era gia’ stato introdotto da B.K.S. Iyengar lo scorso anno, durante i festeggiamenti del suo compleanno. Guruji aveva proprio spiegato come il nostro lavoro di praticanti dello yoga consiste nell’imparare a praticare senza sforzo fisico e “prima si praticano gli asana, poi il pranayama, e in seguito dal pranayama si impara di nuovo a praticare gli asana in maniera diversa”)

Prima di tutto dobbiamo imparare a rilassare la mente e a rimanere presenti.
Per esempio mentre si va in Virabhadrasana III di solito senza esserne coscienti si irrigidisce il corpo e si diventa aggressivi negli occhi, nelle spalle, nelle braccia, etc. E’ la mente che deve imparare a essere presente ed evitare che si creino tensioni.
In Virabhadrasana III se la testa e gli occhi guidano per entrare nella posizione, si va dall’ego della mente. Invece bisogna imparare ad andare dall’ego del corpo e non dall’ego dalla mente, così che la mente “umile” rimanga nel presente. “Dovete rimanere nel presente, ma voi quando entrate nelle posizioni andate nel futuro, e quando siete nelle posizioni andate nel passato. La mente deve rimanere nello stato presente, non nel futuro, non nel passato”.

E quando siamo in Virabhadrasana III la testa deve essere come in Sirsasana. Quando si alza la testa è l’ego che agisce. ‘Mente umile, corpo egoista’, Talvolta ci vuole tempo per imparare”ma se dite che non è possibile significa che la mente è nel passato, che è depressa. Imparate ad allungare il collo e il dietro della testa, così che entrambi rimangano morbidi…e con gli occhi guardare un punto per terra. Mentre si va nella posizione si guarda in avanti, poi si spostano gli occhi ad un punto per terra. E’ la consapevolezza degli occhi che ci dà l’equilibrio, e nella posizione la mente diventa silenziosa”.
Bilanciare l’umiltà e l’ego. “Virabhadrasana III è semplicemente Sirsasana orizzontale. Quando si allungano le braccia oltre la testa, il trapezio e le scapole devono resitere nella direzione opposta, così che la mente rimane umile. C’è un ritirarsi delle cellule del cervello, ma il corpo rimane stabile. La parte superiore della testa, natiche e archi dei piediin un’unica linea orizzontale, come in Sirsasana.”

Nelle posizioni in cui si ruota bisogna tenere la testa in linea con il cuore spirituale, che è nel centro. Quando si gira dal cuore, è il cuore che agisce e la mente che osserva. “Voglio che il cuore agisca e che la mente osservi, voglio che tutte le azioni vengano dal cuore, che è l’intelligenza intuitiva e così ci si accorge chela si gira di più. Quando si gira dalla testa, si gira dall’ego della mente, mentre quando si gira dal diaframma, si gira dal cuore”.

Guruji ha aggiunto:”Tutti parlano dell’allineamento nell’Iyengar yoga, l’allineamento è “equainimità, yoga è equanimità. Senza allineamento non c’è equanimità, così l’allineamento è l’abilità che fa in modo che ci possa essere equanimità. Allineamento significa azioni abili. “I made the phisical body follow equanimity, ho fatto in modo che il corpo fisico perseguisse l’equanimità. ”

Un altro tema esposto a proposito di “yog-sadhana” è il concetto che sta alla base delle espressioni Parikrama e Parikarma.
Parikrama è come quando si va al tempio, e si gira intorno al tempio, si gira intorno al Dio ripetendo il nome di Dio, molte volte (anche 108 volte) e questo girare intorno alla divinità con mente presente, ha un effetto purificante. Nel Parikrama si dimentica se stessi, si tiene la mente libera dai pensieri, per questo viene purificata. (Parikrama, da pari (abbracciare, dedicarsi devotamente) + krama (ripetizione del mantra), mentre Parikarma, da pari + karman )
Quando si raggiunge il “centro dell’essere” allora diventa Parikarma. “Parikrama è la purificazione, Parikarma è la santificazione”. Solo quando avviene Parikarma c’è una vera trasformazione.
Lo stesso negli asana: Parikrama significa che quando si pratica bisogna osservare dappertutto, piedi, caviglie, cosce, pelle etc. così si purifica il corpo. Quando si raggiunge un’unificazione, una integrazione del tutto si ha allora il Parikarma.
Quando si inizia ad praticare, le prime volte che si va a lezione, la mente non riesce ad andare dentro, a penetrare, e con il tempo il lavoro diventa quello di penetrare sempre più internamente.

Un altro tema ricorrente nelle lezioni era come coltivare le qualità necessarie per lo yoga: shakti, yukti e bhakti.
La prima qualità shakti, è la “potenza fisica, la potenza del corpo, differente dallo yoga fisico” . Yukti è ” l’abilità e la chiarezza dell’intelligenza”, mentre Bhakti è “la devozione”. “ Il corpo deve essere attento e potente, e osservando le azioni abili si nutre l’intelligenza, e quando questo succede il cuore e la mente lavorano insieme.
Mantenere la potenza del corpo e la stabilità delle mente , così che il cuore e la mente possano lavorare insieme, questo è devozione, bhakti.” Queste tre qualità, shakti, yukti e bhakti devono essere in equilibrio nella posizione finale.
Senza yukti, non c’e’ shakti e neanche bhakti. Tutte e tre sono intrecciate, fuse, mescolate fra di loro.
Quando un risultato avviene come prodotto di molti fattori o cause, il processo viene chiamato yukti. Come un tessuto è’ il prodotto di tanti fattori: è eseguito in un luogo, da un tessitore, da un filo, da un telaio, ecc)

Guruji ce ne ha dato un esempio in Bharadvajasana.
Se si considera Bharadvajasana con le gambe a sinistra, girando verso destra, la shakti della posizione sono le fondamenta, (il contatto della parte interna dell’ischio destro), dove risiede “la potenza “ della posizione, ovvero shakti. Nel ruotare entra in ruolo anche yukti, l’abilità, l’insieme delle azioni da mettere in atto per non perdere le fondamenta. Se si disturba shakti, non c’è neanche yukti. Per cui neanche bhakti. Tutte e tre devono essere in equilibrio nella posizione finale. Bhakti è la mente che si arrende al cuore. Se le fondamenta sono solide il resto verrà.